Emilio Mario Locati

Biografia

Scritta da Lanfranco Ravelli in occasione della mostra
dedicata all'artista tenutasi a Grumello del Monte (BG) nel 1987

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Emilio Mario Locati è nato a Bergamo nel 1909. Scultore, si dedica anche al disegno in tutte le tecniche. Nel corso della sua carriera ha ordinato mostre personali, recentemente a Bergamo, Sarnico, Grumello del Monte, ove ha anche aperto una esposizione permanente dei suoi lavori. Ha preso parte a collettive e rassegne in varie città d’Italia. Hanno scritto di lui, tra gli altri, il critico Geo Renato Crippa, il pittore Contardo Barbieri e il giornalista Giulio Cesare Racco. Sue opere si trovano alla Galleria d’Arte Moderna di Milano, presso la scuola media di Mapello, la scuola elementare di Grumello del Monte, il museo di Samobor e collezioni private in Italia, Svizzera, Germania. Artista dotato di validi mezzi espressivi, Locati affronta nella sua opera diversi temi, prediligendo tuttavia quello della figura.

Egli riesce a cogliere l’essenza dei soggetti prescelti per le raffigurazioni, penetrando efficacemente nella loro psicologia, al fine di rendere plasticamente, nel vario comporsi della materia, non solo le fattezze esteriori, ma anche il carattere e la personalità delle figure. I loro gesti, le positure in cui l’artista le coglie, inquadrandole nello spazio con cui idealmente sono poste in armonica contrapposizione, si rivelano con naturalezza venata tuttavia da un simbolismo contenuto, che fa sentire i suoi effetti anche nel determinarsi delle soluzioni tecniche. A tale proposito occorre notare la sapiente costruzione dello stile con cui l’artista opera, uno stile maturato attraverso significative esperienze, che rivela coerenza di impostazione e scioltezza nel trattare i diversi materiali usati. Gli elementi di cui Locati si avvale sono accostati con equilibrio sia nella scansione dei piani che nel loro rapporto chiaroscurale, tendente a vivacizzare opportunamente l’articolarsi della materia.


Le mura di Bergamo alta
Mario Locati nato nelle vicinanze delle Mura di Bergamo nel 1909, ama ricordare le vicende della giovinezza specie quelle legate alla sua scelta di vita. I genitori oscillano a lungo tra l’architettura e il belcanto (lo vogliono, infatti, architetto o baritono) ma il giovano Mario Locati capisce immediatamente che non può soddisfare i loro sogni: sente dentro una fortissima passione per la scultura, una sorta di innata vocazione. Ciò determina i primi contrasti con la famiglia e segna l’inizio di un periodo inquieto caratterizzato da peregrinazioni, ma estremamente vitale dal punto di vista della maturazione umana ed artistica del futuro artista. Non mancano, in quella stagione di appassionata ricerca momenti di serenità e di operoso apprendistato come quelli trascorsi da garzone presso un’azienda di Bergamo rinomata per la lavorazione dei marmi. Qui Locati incomincia a conoscere ed apprezzare il lavoro artigianale e, soprattutto, ha modo di compiere un’esperienza decisiva a contatto con il materiale vivo di cui impara a conoscere tutti i segreti e immaginare le forme che in qualche modo il marmo nasconde e alla cui scoperta sollecita irresistibilmente. Negli anni 1927-1928 sotto la guida del famoso pittore Luigi Brignoli, il nostro si iscrive ai corsi di disegno che l’Accademia Carrara organizza gratuitamente per i giovani meno abbienti. I corsi si tengono al mattino dalle sei alle otto e gli allievi per scaldare la sala e soprattutto perché i giovani modelli non posino nudi in condizioni proibitive, sono soliti portare a turno della legna da ardere nella stufa.... L’esperienza risulta importante perché svela a Locati il fascino della pittura nella quale lo seducono i primitivi italiani con la loro ingenua, ruvida, ieratica bellezza e, soprattutto, Cimabue e Giotto, artisti amatissimi in cui la solennità quasi irreale dei volti si avvicina di cadenze terrene prima sconosciute. Negli anni 1930-35 Locati entra in contatto e frequenta le migliori personalità della cultura presenti a Bergamo: Romeo Bonomelli, Contardo Barbieri, Attilio Nani, Tobia Vescovi, Luigi Broggini, Sganghero, Giacomo Manzù (con quest’ultimo i rapporti risalgono all’infanzia e si protraggono fino agli anni cinquanta); e ancora: Aiolfi, Ugo Recchi (pittore morto sui trent’anni molto ammirato dal nostro, lo definisce una sorta di Boccioni bergamasco), Ermenegildo Maffioletti, Mario Facchinetti, Domenico Rossi (morto giovane), e Quarti-Marchio): personalità che hanno scritto pagine importanti alla storia artistica bergamasca del ’900 e che, tuttavia, salvo qualche eccezione, attendono ancora uno studio critico che li possa adeguatamente valorizzare. In effetti, c’è ancora molto da esplorare, molto da rivisitare all’interno della cultura sviluppatasi tra le due guerre in terra bergamasca. In questo sottobosco culturale Locati matura la propria vocazione artistica, dò che lo spinge ad abbandonare la pittura e a dedicarsi pressoché interamente alla scultura. Al 1935 risalgono le prime opere in marmo raffigurante la “testa della moglie’’, una “testa di giovane” quest’ultima presentata alla mostra Regionale della Corporazione del Lavoro tenuta a Milano. Narra Locati che questo periodo è gravato da difficoltà economiche esasperate dalla personalità dell’uomo incapace di piegarsi a compromessi con il Regime Fascista o di sacrificare la propria dignitosa fierezza alle lusinghe economiche.

In quegli anni è solito intrattenersi per lunghe ore (fino a notte inoltrata) nelle osterie con scultori e pittori. A quell’epoca di Manzù scolpisce il bassorilievo nel monumento dedicato ai Fratelli Calvi in via XX Settembre suscitando, per certe sue inadempienze nel ritrarre il sesso maschile, il sacro e implacabile sdegno dei censori; Locati col favore della notte e su richiesta dell’amico, corregge, nasconde, sfuma...: con scalpello e martello sale sul monumento in una buia notte di Santa Lucia e stende un velo di pudore sulle moralità profanate.

Dal 1934 al 1939 circa, Locati si trasferisce a Milano: qui conosce Lucio Fontana, lo scultore ed architetto Antonio Maiocchi, Marino Marini, Ugo Recchi e stringe amicizia con Umberto Lilloni e Aligi Sassu. Nel 1936 esegue il “pastorello” una stupenda deliziosa terracotta che mostra i contatti con la più aggiornata evoluzione artistica del periodo; l’opera è esposta alla mostra Provinciale Annuale di Scultura e Pittura del 1936 a Bergamo. Dello stesso anno è un’altra terracotta con “donna che riposa” oggi conservata, assieme al “pastorello” nello studio dello scultore. Esegue (1936) il “Cristo e Giuda” in terracotta: l’opera, acquistata dal Comune di Milano per la Galleria d’Arte Moderna è tutt’ora esposta. Un’altra terracotta molto importante è “l’attesa” (1937) pure acquistata per la Galleria d’Arte Moderna del capoluogo milanese. In questo gruppo di opere emerge lo stile di Locati che marcherà di un segno profondo e personalissimo tutta la sua evoluzione artistica: una poetica in cui accenti di maestosa grandiosità convivono con oasi di pura dolcezza: ma deriva un’atmosfera che sembra scaturire come acqua chiara dall’attenta frequentazione della solenne e limpida lezione della scultura del Trecento e del Quattrocento, fatti di messaggi pacati, intimi e pervasa di intensa spiritualità. In realtà l’intera opera del Locati è caratterizzata da forti accenti lirici e da quella calma maestosa e tutta interiore che richiama irresistibilmente la scultura del mondo greco e romano. Ma la guerra ormai incombe: nel 1940 Locati è richiamato al servizio militare.

Non manca nei momenti di licenza di partecipare a delle collettive come nell’inverno del ’40 in cui espone alla Galleria del Sindacato dei Professionisti e artisti alla Rotonda dei Mille a Bergamo un disegno raffigurante “San Cristoforo” con il quale riceve un premio e un riconoscimento per le qualità grafiche. Nello stesso periodo viene mandato come militare di truppa di occupazione in Costa Azzurra dove rimane fino al settembre del 1943, riuscendo persino a non abbandonare l’arte: studia da vicino gli Impressionisti poi, Toulouse- Lautrec ed è colpito in modo particolare dalla pittura di Matisse. Ma anche l’ambiente della Costa Azzurra lo affascina con i colori vivaci della natura bellissima, l’incanto delle insenature improvvise e la voce infinita del vento e del mare. Molti di questi colori l’azzurro del cielo e del mare e la stupefacente varietà dei fiori della costa rimarranno impressi nella sua mente e rimeditate alla luce della pittura purissima di Matisse saranno alla base dei molti disegni colorati dall’autore.

Locati ama dire “che un artista deve avere il coraggio che hanno i bambini quando colorano i disegni; per l’uomo questo coraggio può non essere accettato, mentre invece per l’arte costituisce il trionfo dei colori”. In effetti i suoi disegni colorati con olio hanno l’innocente trasparenza dell’infanzia: sono fatti di un chiaroscuro terso, luminoso, come scaturiti dall’animo limpido e Ubero di un bambino. Lui stesso ci confida che raggiungere la purezza espressiva del bambino, costituisce uno dei suoi traguardi più ambiti; e l’obiettivo, aggiungiamo noi, è tutt’altro che semplice e, anzi, accessibile solo a chi è riuscito a mantenere la capacità di stupirsi di fronte alla vita. Quindi esempi di grafica colorata (dietro ai quali c’è Matisse) sviluppati dopo il periodo francese e particolarmente negli anni della vecchiaia sono dei veri capolavori, ricchi di slancio lirico, appagano appieno la nostra sensibilità e lasciano un ’impressione simile a quella che si prova osservando l’effetto luminoso delle vetrate investite dal sole.

Nel settembre del 1943 fugge dalla Costa Azzurra: si unisce ai partigiani. È la scelta di un impegno politico e civile in linea con i suoi ideali e l’insofferenza nei confronti della dittatura: rischiare la vita per la libertà significa credere in qualcosa di superiore alla vita stessa; tuttavia, pur fuggiasco, trova sempre spazio per dedicarsi all’arte, incontra a Rovetta, Carlo Carrà, e Achille Funi con i quali intreccia quelle feconde e vivaci discussioni che egli ama ricordare. Si rifugia poi, a Palazzolo sull’Oglio nel bresciano dove rimarne per tutto il periodo della guerra fino al 1949. Qui. tra le angustie della vita trova modo di insegnare nelle scuole serali del Volontariato e di allestire una bella mostra personale. Tra le opere va ricordato uno straordinario gioiello in terracotta raffigurante il “cenciaiolo”.

Nel 1950 si trasferisce a Grumello del Monte qui apre uno studio e sembra trovare, pur tra mille difficoltà la pace e la stabilità che tanto desiderava. Ha inizio un’intensa attività caratterizzata da varie commissioni private per la realizzazione di busti in bronzo e in terracotta.

Riceve ed esegue commissioni pubbliche importanti tra cui ricordiamo il monumento agli Alpini d’Italia per Grumello del Monte realizzato fra la fine del 1955 e la primavera del 1956 in marmo rosso di Asiago. Nel 1957 esegue su bozzetto di Giacoma Manzù il monumento sepolcrale per De Gasperi, in marmo rosso del Trentino. Del 1958 è la fontana di Pinocchio per il giardino in piazza Carminati a Grumello, in marmo rosso di Asiago.

La “Madonna del viandante” per il campanile del santuario della Madonna delle Rose di Albano Sant’Alessandro è del 1961. Per le scuole elementari di Grumello del Monte, nel 1962 esegue un bel busto in bronzo raffigurante la medaglia d’oro Nembrini.

Sempre a Grumello Locati realizza nel 1965 il monumento alla Resistenza: l’opera scolpita in marmo rosso di Asiago e bianco di Zandobbio, si colloca tra le più profonde e mature dell’artista, nonché opera priva di retorica e di fastidiosa enfasi. Due anni dopo è la volta di un altro monumento dedicato alla Resistenza: l’opera in marmo bianco di Zandobbio è destinato ad abbellire una piazza di Mapello. Un’altra opera di stupefacente bellezza plastica è il busto di bronzo di Monsignor Carminati che il nostro esegue per la facciata del Circolo Enal di Grumello. Nel 1971, su suo disegno viene realizzata sulle colline di Grumello la chiesetta degli Alpini: questo edificio terrà a lungo impegnato l’artista oltre ad abbellire l’interno realizzando il “Cristo Redentore” in marmo rosso di Asiago fiancheggiato da due affreschi raffiguranti (del 1984) “l’arresto di Gesù” e “Vecce Homo” e due straordinarie sculture, pure in rosso di Asiago di stupefacente bellezza, raffiguranti la “Maddalena” e la “Madonna”. Per le scuole elementari nuove di Grumello esegue un gigantesco trittico in bronzo: nel pannello centrale è raffigurato il parroco Don Pietro Belotti, nei due laterali il gioco dei bambini e il lavoro della gente di Grumello.

Dopo aver eseguito due bassorilievi in bronzo con “allegorie dell’Italia e della Jugoslavia” e “l’incontro di due partigiani italiani e jugoslavi sotto l’altare della pace” per la città di Samobor in Croazia, gli viene conferita nel 1969 la cittadinanza onoraria della cittadina.

Al periodo 1977-1980 appartengono i monumenti agli Alpini per Casazza e per Telgate in bronzo. Negli intervalli di lavoro scrive molte poesie in dialetto bergamasco, ricche e pungenti, ma profonde con un antico adagio. Anche questo aspetto generalmente sconosciuto della sua arte prova che Locati è artista completo nel vero senso della parola. In questi anni che contraddistinguono la piena maturità si collocano tutta una serie di bellissime terrecotte degne di figurare accanto ai protagonisti dell’arte contemporanea italiana. Verso il 1980 è la realizzazione tanto ambita del Locati della scultura in marmo bianco di Zandobbio raffigurante “l’uovo”: si tratta di una figura femminile accasciata informe tondeggianti e maternamente avvolgenti ricca di significati e profonde allusioni: l’uovo, con le sue forme sfuggenti contiene l’embrione ed è simbolo di vita e di eternità.

L’ultima opera, recentissima che l’ha impegnato tutto l’inverno e la primavera del 1987, è la scultura raffigurante una “donna che si sveste” o meglio come ama definirla Locati “Linee parallele” eseguita nel marmo bianco di Zandobbio tanto amato dall’artista. L’opera si colloca tra le più alte del maestro: possiede la straordinaria purezza delle linee, l’equilibrio interiore, il pudore espressivo di una scultura antica che abbelliva i giardini delle coste ioniche. Basterebbe questa scultura a giustificare una rassegna: è un modo per dire il nostro grazie, forse tardivo ma profondo, a Mario Locati che, con la sua opera e la sua presenza, onora la splendida terra grumellese.